Inno a TrebisacceRispetto al mio paese le vetrine addobbate con le scritte "saldi". Ma già questo era un fatto nuovo, un impatto che mi dette la sensazione di aver varcato la siepe. Tornato alla stazione, mi sentii sballottato come uno che, dopo aver partecipato ad un concerto, è costretto a tornare al silenzio, a sentirsi nessuno. Poi, per anni sono tornato ogni giorno. Io, avido..................cercando le dolci misure del vivere e del crescere in armonia con tutti. Capivo che è lunga la via della comprensione, che è sempre difficile cucire la marina al bastione, non solo a Trebisacce, ma in tutto il mondo.
L'amore ha fatto il resto.
Mi sono arreso al lungomare, a via Lutri, al pontile, alle abitudini quotidiane di spettegolare nei bar o nella cantina di Bufalari con i vecchi pescatori, che mi accettarono immediatamente per il mio saper essere giocatore di tressette restando sempre gentile.
Mi vengono in mente queste cose stasera, in un momento così solenne.
Probabile che il resto non era più una novità e mi aveva assommato già alle abitudini ed al rumore dei camion che andavano e venivano sulla nazionale senza interruzione, al chiacchiericcio del mare che, a volte, aveva gli occhi torbidi e mi giudicava.
Quanti furori ho consumato tra le tue pietre, Trebisacce! Quanti ardori, quante fiammate, quante liti con la luna piena, quanto dolore per le dissolvenze e per la piena di bellezza che traboccava dai petti delle fanciulle così belle che sembravano scolpite da Fidia in esilio, da un nume in viaggio.
La saggezza stava nel bere senza sosta da ogni fontana; non trascurare nulla, capire che da ogni cosa si apprendono le mille strade del senso che si dipana verso l'assoluto: ed io volevo raggiungerlo, sapendo che si parte in milioni per arrivare al traguardo scorticati appena in quattro, seppure.
Adesso voi mi fate cittadino di Trebisacce ed io inorgoglisco, illudendomi di essere uno dei quattro atleti che hanno tagliato il traguardo.
Lasciatemi questa illusione! Lasciate che da questo bastione che mi ha visto solcare per terre lontane io ripeta a me stesso il sogno e lo sparga a piene mani per ogni dove. Forse fiorirà anche per altri. La poesia è un bene comune. Tutto fiorisce se si pianta con il cuore; tutto rinasce se si fa musica che assomma i cieli del passato e li rende palpitanti.
A Trebisacce io devo molto: la moglie, due figlie, le prime grandi libagioni di pazze letture che mi hanno guidato intrepido sui ciglioni pericolosi del sublime. Non so dove sono arrivato. So che questo mare mi ha dato la chiave dell'universo e che sa cantare a voce piena non solo la cantilena della bellezza, ma anche il canto tenero che mi riporta insolente alla mia, ormai lontana, giovinezza.
Dante Maffia
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